scuola elementare
LA CARAVELLA

Una scuola che aiuta a crescere,
alla scoperta di sé e del mondo.

scuola media
LA TRACCIA

Accompagnati sulla via della conoscenza,
per imparare a vivere da protagonisti.

"La cosa più bella della vita è imparare, cioè affermare l'amore al vero,
e insegnare, cioè affermare l'amore all'uomo".

don Luigi Giussani


30 ANNI DI AVVENTURA EDUCATIVA!

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30 anni fa,
per iniziativa di un gruppo di genitori e insegnanti,
nasceva la scuola media LA TRACCIA!

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Intervista ai due direttori


a cura di Sofia Pegorari, ex-allieva

In occasione del trentesimo anniversario dalla nascita della Scuola Media La Traccia, che ho frequentato dal 2004 al 2008, mi è stato chiesto di intervistare Graziano Keller, direttore dal 1992 al 2005, e Marco Squicciarini, suo successore e attuale direttore delle Scuole Santa Maria.
Mi immaginavo di ascoltare due voci che mettessero in luce le differenze tra la scuola “delle origini” e quella attuale, in modo da poterne ricostruire la storia. Tuttavia, al termine del dialogo, sono tornata a casa con una convinzione: queste scuole hanno una storia lunga trent’anni solo perché ciò che è stato intuito come vero all’inizio è stato continuamente riscoperto e approfondito da chi all’inizio nemmeno c’era e, allo stesso tempo, chi ora in questa scuola non lavora più, continua, con passione e generosità, a sentirsi parte della stessa avventura educativa, dando così carne alla citazione di don Luigi Giussani posta all’entrata della Direzione: “La cosa più bella della vita è imparare, cioè affermare l’amore al vero, e insegnare, cioè affermare l’amore all’uomo”.

Com’è nata La Traccia e come ne sei diventato il direttore?


Graziano
: Quando i nostri figli iniziavano la scuola media e le Suore della Santa Croce di Menzingen chiudevano l’istituto Santa Maria a Bellinzona, con alcuni amici, tra cui diversi insegnanti, abbiamo considerato l’ipotesi di una scuola che incarnasse i nostri ideali educativi, convinti che l’educazione debba partire da una proposta precisa e condivisa, rivolta alla libertà dell’allievo, in antitesi al concetto di una scuola “neutra”. Fra i promotori io ero l’unico che avesse tutti i requisiti per fare il direttore per cui accettai e partimmo in questa impresa affrontando tutte le sfide concrete che essa implicava, sostenuto da tutti coloro che condividevano questo progetto. E le sfide non sono mancate. Occorreva innanzitutto declinare il progetto adeguandolo alla concretezza delle circostanze. Da un punto di vista didattico, quale spazio offre il riconoscimento cantonale a una scuola come la nostra? Come coinvolgere gli insegnanti nel progetto educativo? Da subito si è capito che si sarebbe potuto rispondere a queste sfide solo se tutti si fossero sentiti protagonisti di un’opera condivisa. Nella nostra scuola uno non può fare semplicemente l’impiegato. Anche nel comitato dell’Associazione Santa Maria questa coscienza di partecipare ad un’opera ha permesso di affrontare le difficoltà finanziarie. Il terzo anno ci trovammo con una prima di solo 12 iscritti. Quando ci riunimmo per una decisione, eravamo tutti piuttosto pessimisti sul futuro. Ciò che ci permise di continuare fu il constatare che tutti eravamo disposti ad assumercene la responsabilità.


Marco
: È capitato anche a me. La scuola è una comunità educante: da soli queste decisioni non si prendono.

Per te, Marco, come è iniziata l’avventura in queste scuole come docente e poi direttore?

M.: Ho iniziato a insegnare nel 1997 e, nella relazione con i colleghi, ho scoperto che era il posto per me. Questa compagnia è stata fondamentale anche da direttore: ho affiancato Graziano per un anno, scoprendo come lavorava in ogni ambito e lasciandomi correggere. Essere introdotto a un metodo è una condizione imprescindibile per accettare la responsabilità.
La nascita de La Caravella nel 2005 dimostra la capacità educativa e generativa della scuola: nell’esperienza de La Traccia, altri hanno accolto un’eredità. In forza di un’esperienza positiva come insegnante è nato il desiderio, per i miei figli, assieme ad altri genitori, di capire se quel modo di guardare la persona e la cura dell’insegnamento potesse realizzarsi anche negli anni – fondamentali per la costruzione della persona – delle elementari.

Quali sfide deve affrontare la scuola oggi?

M.: Gli adulti, cuore della scuola, devono approfondire l’unità nella sfida della didattica. Si educa insegnando le varie discipline e non attraverso morali nei vari settori. È necessario riscoprire il metodo più rispettoso della persona e del suo modo di conoscere, per esempio nel lavoro dei gruppi di materia alle medie: in questo le elementari ci educano, perché i giovani maestri vivono quotidianamente l’aiuto reciproco nella didattica. È una sfida grande per la scuola, che altrimenti si riduce a moralismi inutili, mentre nel lavoro scolastico gli allievi scoprono il valore loro e della realtà.

Come favorisce il direttore questo lavoro senza imporre la collaborazione?

G.: Servono insegnanti curiosi circa la verità delle cose, rispettosi della libertà degli allievi e disposti a collaborare. Il direttore deve valorizzare i singoli e non lasciare gli insegnanti soli nei loro difetti o di fronte a una pretesa, aiutandoli a capire qual è la loro strada e a fare un’esperienza positiva.

M.: Il direttore deve stare con i suoi insegnanti e mostrare che conviene, umanamente e professionalmente, affrontare assieme le questioni dell’insegnamento.
Significa spendere energia e tempo nel dialogo con i singoli insegnanti e con il plenum.

Con gli allievi si può essere autorevoli, ma non autoritari?

M.: Riduci all’autoritarismo la relazione con gli allievi quando non desideri stare con loro, che è l’esperienza più bella. Un adulto, se capisce che con i ragazzi cresce, sta con loro, pure a ricreazione, e così gli dice “Tu vali per me”. Con la stessa dedizione fa capire all’allievo quando sbaglia, magari fino a dirgli: “Qui non puoi più stare, perché non ci sono più le condizioni per stare in relazione”. L’autorità si vede in azione, nel modo di trattare tutto: l’ordine, la precisione, la correzione reciproca.

G.: Il direttore non è l’unica autorità, altrimenti l’insegnante perde sia l’autorevolezza sia l’occasione di una relazione con l’allievo. È misterioso come un ragazzo identifichi in un adulto una persona significativa e autorevole; quando capita, ne sei responsabile.

Come possono collaborare efficacemente scuola e famiglia?

G.: I primi educatori sono i genitori, che vanno aiutati, innanzitutto mostrando che è sbagliato pensare che la fatica sia un’obiezione alla felicità. Alle famiglie dicevo: “Non vi prometto che non ci saranno problemi, ma vi assicuro che la scuola li affronta con voi”. Non siamo tutti perfetti. Sia gli insegnanti che i genitori possono sbagliare, ma se c’è la disponibilità di riconoscere il bene del ragazzo è possibile rimettersi in gioco. Il direttore spesso è chiamato a ricordarlo.

M.: Tante famiglie faticano a guardare il figlio come un bene e non un problema. La scuola deve offrire una compagnia e risvegliare la bellezza dell’educare. Può pure ampliare l’orizzonte dei genitori raccontando ciò che succede all’allievo al di là dei suoi limiti. Al contempo, se la scuola non inscatola l’allievo in un discorso ideologico, incontrando la famiglia, può conoscerlo meglio.

Da direttore, è cambiato il lavoro di insegnante?

M.: Conoscendo l’intera opera educativa sono più attento al valore del dettaglio affrontato in classe. Ma accade solo se una compagnia mi mostra la grandezza dell’opera.

Cosa auguri al tuo successore?

M.: Stare in una compagnia educante, perché solo chi riceve, può donare.

 

Un'esperienza viva e vivace

 
Pietro Croce, presidente dell’Associazione Santa Maria

I 30 anni de La Traccia sono un’occasione preziosa per guardare alla storia di questa scuola ed essere grati: grati anzitutto verso coloro che trent’anni fa hanno avuto l’intuizione, ma anche il coraggio – e devono averne avuto molto –, di dare vita a un progetto educativo nuovo, che incarnasse i loro valori e le loro aspirazioni e guardasse alla persona e alla realtà che accade con cuore e mente aperti; grati poi a coloro che negli anni a seguire hanno dato fiducia a quella proposta e l’hanno sostenuta, lasciando che l’intuizione iniziale diventasse un’esperienza viva e più che mai vivace. Sono davvero numerose le persone (alunni, insegnanti, genitori e amici) incontrate lungo il cammino di questi trent’anni che con tenacia e passione hanno voluto e vogliono che La Traccia sia un luogo in cui si possa esperimentare ogni giorno la bellezza dell’imparare e dell’insegnare, del crescere insieme e dell’essere responsabili, del donare e dell’essere grati.
Trent’anni fa, l’idea di fondare una scuola media a Bellinzona poteva forse apparire una sfida inaudita, che superava le capacità dei singoli suoi promotori, ma l’opera buona che ne sarebbe potuta scaturire e che si intravvedeva già allora e soprattutto il fatto di essere insieme hanno permesso l’inizio di una storia che continua ancora oggi, che unisce persone e genera frutti abbondanti, come questo nuovo numero di News Scuole documenta.
Siamo orgogliosi di questa storia che ci ha consegnato una scuola di qualità, aperta, radicata nel territorio, che resta fedele ai suoi ideali e che è stata scelta sin qui da centinaia di famiglie della regione. Ma siamo anche consapevoli della grande responsabilità che ci è affidata. Educare significa sostenere costantemente un’apertura alla realtà che può resistere, di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni del quotidiano, solo se nasce e si sviluppa una fiducia vera e piena nella vita. Ogni giorno, in ogni istante, la realtà provoca la nostra libertà: la risposta che diamo dipende da come siamo preparati a stare di fronte a quello che ci è chiesto; dipende cioè dalla capacità che abbiamo di riconoscere il bene nelle circostanze che ci sono date. La scuola, con la famiglia, nel raccogliere la sfida educativa, è chiamata a rendere questa apertura al reale un’esperienza viva. È ciò che ha mosso i fondatori de La Traccia trent’anni fa; è ciò che muove anche noi oggi.

L'associazione

 

Andrea Mascetti, genitore

Ho visto nascere l’Associazione Santa Maria, ente gestore delle omonime scuole, come figlio di uno dei fondatori (allora solo della  Traccia) e ne ho seguito i passi attraverso l’esperienza di mio fratello minore, allievo di una delle prime classi. Il fascino che questa opera portava con sé era evidente ogni volta che si partecipava ai momenti comuni proposti. Ad esempio ricordo le feste finali, vero e proprio spettacolo di un’umanità speciale: docenti, allievi e genitori festeggiavano insieme, grati per l’anno trascorso, come una comunità, una famiglia allargata. Il mio vissuto scolastico, non passato alla Traccia che ancora non esisteva, aveva avuto un’atmosfera molto diversa.
Dopo gli studi, tornato in Ticino, mi sono ritrovato nuovamente molto vicino a queste scuole, attraverso l’amicizia con persone lì impegnate professionalmente, e piano piano sono stato coinvolto sempre più, fino ad entrare a far parte del comitato che le gestisce. Oggi sono sposato con una docente e i miei figli le frequentano.
In questi ultimi dieci anni è avvenuto il primo passaggio di consegne dalla generazione che le aveva fondate alla nostra. La domanda: ”Quale educazione scolastica desideriamo per i nostri figli?” ha portato la nostra famiglia a scegliere con consapevolezza queste scuole. Tutto il resto è stato una conseguenza: dal partecipare al lavoro del comitato dell’Associazione allo svolgere un servizio di aiuto dove si rende necessario (dalla logistica della festa finale, alle piccole riparazioni a scuola e tutte le molte cose di cui necessita un’opera come questa). Diventa evidente che le scuole non esistono da sole, ma solo attraverso le persone che ogni giorno ne desiderano l’esistenza, per sé e per gli altri. Questa mia disponibilità, che ogni giorno viene provocata, diventa il primo ambito in cui la vita mi chiama a dire sì, a rispondere a quello che sento essermi chiesto, come genitore, come uomo, partecipando, anche attraverso la fatica che si fa, alla costruzione di un pezzo di mondo buono, per i miei figli, per me, per tutti.

Fribourg, le français en action

 

Carolina Mascetti, docente di francese e inglese

"Dans toutes les visites j’ai bien compris le français” (E.)
"J’ai beaucoup aimé cette visite parce qu’on s’est amusés et on a aussi exercé notre français” (M.)

Queste frasi degli allievi descrivono bene lo scopo dell’uscita del gruppo di francese di IV media a Friburgo.
Già da alcuni anni avevo il desiderio di far praticare la lingua in modo più attivo: da un lato mi sembrava un modo per far sperimentare agli allievi i frutti concreti dell’apprendimento di una lingua che inizia in III elementare e che cresce e si sviluppa insieme a loro, rendendoli in grado di utilizzarla in situazioni di vita quotidiana concreta; allo stesso tempo fornire una buona motivazione per affrontare lo studio del francese nell’ultimo anno di scuola media.
Quest’anno dunque, nel mese di settembre, il desiderio è divenuto proposta concreta e il mio giovane collega di geografia, Nikolas Montorfani, si è proposto di accompagnarci.
La sua presenza è stato il primo regalo di questi due giorni: abbiamo scelto Friburgo non solo perchè più vicina di altre città francofone, ma anche perché è la città dove sta terminando i suoi studi universitari e la conosce molto bene. Ci ha infatti guidato nei luoghi tipici, illustrandone gli aspetti storici e geografici, rigorosamente in francese. Anche la caccia al tesoro iniziale si è svolta nella lingua del posto: gli allievi sono partiti alla scoperta di indizi nel cuore della città vecchia, fermando i passanti per chiedere indicazioni. Dopo la comprensibile timidezza iniziale si sono lanciati con entusiasmo, tanto che la sera, al ristorante dove abbiamo gustato un’ottima fondue, diversi di loro hanno ordinato la cena da soli.
Un altro grande regalo sono stati gli incontri con gli allievi che hanno frequentato le nostre scuole in passato: sapevamo che proprio a Friburgo vivono e studiano diversi di loro, ai quali abbiamo proposto di farci da guida. Abbiamo dunque visitato la cattedrale con Silvio, madrelingua francese e marito della nostra ex allieva Sofia, che ne ha svelato per noi gli aspetti storici e religiosi, terminando con un canto gregoriano eseguito da lui per farci apprezzare e capire ancor di più le antiche sculture.
Nel pomeriggio, dopo un giro panoramico accompagnati da Elia, allievo che ha terminato la Traccia nel 2000, e i suoi bambini, abbiamo avuto la splendida opportunità di visitare l’università con Pietro, un altro ex allievo: ci ha condotti attraverso i luoghi nei quali vive e studia, raccontando in francese la sua esperienza. I ragazzi si sono entusiasmati nel vedere la biblioteca e le grandi aule, dove hanno potuto sedersi ai banchi e sentirsi per un attimo studenti universitari.
Il giorno successivo abbiamo visitato Gruyères, accompagnati da una “conteuse” che ci ha raccontato storie e leggende della regione. Per finire un’ottima merenda, naturalmente a base di meringhe e doppia panna.
In classe ho voluto riprendere con gli allievi quanto vissuto insieme: è stato bello accorgersi che ciò che aveva colpito ed entusiasmato me aveva avuto lo stesso effetto anche su di loro. Il mio desiderio di avvicinarli alla lingua si era concretizzato: hanno infatti potuto sperimentare come ciò che impariamo in classe abbia un legame con la realtà e che verbi, aggettivi, esercizi di ascolto e letture servono ad imparare ad usare la lingua nei luoghi dove la si parla, per ascoltare, chiedere, raccontare e scoprire.

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una serie di incontri significativi per aiutarci nel non facile compito di educare


EDUCARE INSIEME:
L'ALLEANZA SCUOLA-FAMIGLIA
dialogo con NICOLETTA SANESE
pedagogista e insegnante
guarda il VIDEO dell'incontro
del 26 novembre 2021


GIOVANI IN RETE:
UNA SFIDA EDUCATIVA
dialogo con LUCA BOTTURI
esperto in Media in educazione
guarda il VIDEO dell'incontro
del 26 aprile 2022


COSA SIGNIFICA ESSERE
UNA SCUOLA CATTOLICA, OGGI
incontro con
Mons. MASSIMO CAMISASCA
guarda il VIDEO dell'incontro
del 25 novembre 2022


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